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Biella, 22 giugno 2022

Scissione nel M5S


Il M5S e i suoi leaders in pochi anni hanno dissipato un capitale enorme. Con la decisione del Ministro degli Esteri Di Maio di abbandonare il Movimento e di fondare un nuovo partito la crisi ha raggiunto il punto più alto e i destini, sia del M5S che della nuova creatura politica fondata dal Ministro degli Esteri, sono più incerti che mai. Alle politiche del 2018 aveva conquistato il 32,7% dei voti e la maggioranza relativa dei seggi nei due rami del Parlamento. Un risultato elettorale enorme che ha rappresentato una straordinaria apertura di credito dei cittadini nei confronti di un Movimento che aveva la sua stessa ragione d'essere in una critica radicale al sistema dei partiti.
I sondaggi, compiuti prima della scissione, davano il partito di Conte al 12/13 per cento ma la maggior parte degli analisti ritengono che si tratti di previsioni ottimistiche.
Il M5S è passato attraverso tre esperienze di governo, tutte di segno diverso: la prima con la destra, la seconda con il PD e la sinistra, la terza nell'esecutivo presieduto dal premier Draghi. La scissione di queste ore segna molto probabilmente un punto di non ritorno. Non avrà però conseguenze sul governo che tira dritto per la sua strada e questo è un bene per il Paese. Di Maio rimarrà alla guida di uno dei Ministeri più importanti, tanto più in una fase come l'attuale e il suo vecchio partito si troverà nella paradossale condizione di doverlo sostenere. Nella tanta vituperata Prima Repubblica non sarebbe stato possibile; si sarebbe aperta una crisi di governo e il Ministro avrebbe rassegnato le dimissioni. Il Di Maio prima maniera avrebbe avuto parole di fuoco nei confronti di un politico che si fosse comportato come lui si sta comportando e nei suoi confronti avrebbe lanciato le accuse peggiori. Ma si sa le posizioni si cambiano facilmente e rapidamente quando è in gioco l'esercizio del potere.
Apparentemente la rottura è avvenuta sulla politica estera ma io credo che la vera ragione non sia questa.. Se davvero la rottura fosse avvenuta sulla politica estera come ha sottolineato il Ministro degli Esteri, nel motivare la scissione, quella parte del Movimento che è rimasta con l'ex premier Conte, non avrebbe votato a favore della risoluzione votata martedì al Senato, cosa che invece ha fatto.
Ripeto, le ragioni dello scontro sono altre, tra cui la decisione di Conte di riproporre e considerare inderogabile la questione del doppio mandato. Di Maio, quando ancora Conte non era entrato in politica, l'ha usata come clava contro gli altri partiti, ritenendola il ' tratto distintivo' di un partito che nelle intenzioni e nella propaganda avrebbe dovuto rifondare la politica. Oggi sono pronto a scommettere che si ricandidera' e che questa sia una delle vere ragioni della rottura, anche se motivata con nobili argomenti.
Ho già scritto ciò che penso della rigidità con cui il M5S ha posto la questione, ritenendo tale rigidità un errore per un partito voglia esercitare un ruolo importante nel Parlamento della Repubblica. Ma da qui a provocare una scissione per costituire l'ennesimo partitino, di cui credo nessuno sentiva il bisogno, ce ne corre.

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